Molte volte ho pensato
a tutte quelle volte in cui sono nato.
Non morto, non risorto,
nato.
Ho un compleanno, un giorno di maggio,
ma ho molti compleanni nel resto dell’anno.
E ieri pensavo a quando sono nato,
in mezzo alle tue gambe perfette,
con il sapore di vino bianco,
e il buio dell’autunno.
Questo è vivere,
pensavo,
invece,
si trattava di nascere.
Essere semplicemente nato,
in mezzo alle tue gambe.
Parlavo,
ho parlato,
parlerò,
molto delle tue gambe.
E di tutto il resto.
Adoravo vederti nuda.
E anche vestita.
Adoravo parlare di te,
tra me e me,
considerando tutta la tua bellezza,
semplicemente come una cosa mia.
Adesso mi ricordo di tutto,
perfettamente,
e mi viene in mente di quando sono nato,
in mezzo alle tue gambe sudate.
C’era da non respirare,
da aspettare,
da piegare la pancia e ridere,
come fiori d’arancio,
o come binari a uno scambio.
C’era da parlare,
ma stavamo zitti e immobili,
come due sconosciuti alla fermata del tram.
Nascendo.